I Serbi sono come immaginavo, come mi avevano detto di immaginarli.
Gli uomini sono mediamente giganteschi, le donne mediamente molto belle.
Gli uomini mi superano in dimensioni in tutte le direzioni. Sono alti due metri, spessi come una mucca e con le spalle larghe. Se provi a scambiare due parole te li sei fatti amici. Ti prendono e ti portano in giro, ti presentano a tutti, in pochi minuti tutti sanno come ti chiami. Poi quando li rivedi ti salutano da lontano, si avvicinano e ti stringono la mano e cose di questo genere.
Ho il problema della memoria a brevissimo termine, non ricordo cosa ho appena fatto, della memoria a lungo termine ed in più ho un generico disinteresse sul nome proprio delle persone alle quali mi presento. Quindi in poco tempo qui mi trovo a non sapere il nome di moltissime persone. Ho preso quindi a scrivermi i nomi di chi conosco e ad accompagnare al nome una descrizione per parole chiave.
Domenica ho fatto la mia prima giornata in ospedale di guardia con Srdjan, che in Italia la mia famiglia chiama Sergej, come un tuffatore russo. Ho girato per questo immenso ospedale senza capire niente, cercando di ricordare come in Doom se fossi passato già in questo o quel corridoio. Qui i corridoi e gli ascensori sono nominati con le lettere, quindi se sai il cirillico non è difficile.
Oluič (Salvatore - preferito di Srdjan - sa i nomi dei mafiosi - chiamato Bana o Brana) mi ha raccontato un po' si cose sulla Serbia, sui serbi, sull'ospedale. Ho avuto il primo approccio con le sale operatorie durante le cinque urgenze della notte e me ne sono tornato a casa quando tutto era finito, alle tre.
Il giorno successivo, ieri, lunedì, Sergej mi ha portato con se e la sua famiglia a mangiare dalla suocera. La suocera ha un nome diverso se si tratta della madre del marito o della moglie. E il nostro modo di intendere la suocera qui si attribuisce solo alla madre del marito.
In un appartamento piccolo e elegantemente arredato ho pranzato con la famiglia di Sergej, moglie e due figli, la suocera, ex rappresentante alle nazioni unite della Serbia per il turismo, e sua madre novantacinquenne che beve con tranquillità un bicchiere di rakija in grado di uccidermi all'istante.
Gli uomini sono mediamente giganteschi, le donne mediamente molto belle.
Gli uomini mi superano in dimensioni in tutte le direzioni. Sono alti due metri, spessi come una mucca e con le spalle larghe. Se provi a scambiare due parole te li sei fatti amici. Ti prendono e ti portano in giro, ti presentano a tutti, in pochi minuti tutti sanno come ti chiami. Poi quando li rivedi ti salutano da lontano, si avvicinano e ti stringono la mano e cose di questo genere.
Ho il problema della memoria a brevissimo termine, non ricordo cosa ho appena fatto, della memoria a lungo termine ed in più ho un generico disinteresse sul nome proprio delle persone alle quali mi presento. Quindi in poco tempo qui mi trovo a non sapere il nome di moltissime persone. Ho preso quindi a scrivermi i nomi di chi conosco e ad accompagnare al nome una descrizione per parole chiave.
Domenica ho fatto la mia prima giornata in ospedale di guardia con Srdjan, che in Italia la mia famiglia chiama Sergej, come un tuffatore russo. Ho girato per questo immenso ospedale senza capire niente, cercando di ricordare come in Doom se fossi passato già in questo o quel corridoio. Qui i corridoi e gli ascensori sono nominati con le lettere, quindi se sai il cirillico non è difficile.
Oluič (Salvatore - preferito di Srdjan - sa i nomi dei mafiosi - chiamato Bana o Brana) mi ha raccontato un po' si cose sulla Serbia, sui serbi, sull'ospedale. Ho avuto il primo approccio con le sale operatorie durante le cinque urgenze della notte e me ne sono tornato a casa quando tutto era finito, alle tre.
Il giorno successivo, ieri, lunedì, Sergej mi ha portato con se e la sua famiglia a mangiare dalla suocera. La suocera ha un nome diverso se si tratta della madre del marito o della moglie. E il nostro modo di intendere la suocera qui si attribuisce solo alla madre del marito.
In un appartamento piccolo e elegantemente arredato ho pranzato con la famiglia di Sergej, moglie e due figli, la suocera, ex rappresentante alle nazioni unite della Serbia per il turismo, e sua madre novantacinquenne che beve con tranquillità un bicchiere di rakija in grado di uccidermi all'istante.
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